Tradizionalmente nell’immaginario collettivo il 25 aprile del 1945 nasceva dalle macerie della guerra e preludeva a due traguardi fondamentali sul percorso della democrazia: il 2 giugno del 1946 (scelta referendaria per la Repubblica) ed il 1° gennaio del 1948 quando la Carta Costituzionale – firmata dal Capo dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947 – diventava ufficialmente il testo fondamentale delle istituzioni repubblicane.
Ma questo 25 aprile 2024 ha travalicato le storiche ritualità. Il nostro Paese è stato prostrato da quattro drammatici “stress test” che hanno evidenziato l’endemica inadeguatezza della partitocrazia: 1) l’emergenza pandemica; 2) la crescita dell’astensionismo; 3) l’invasione dell’Ucraina; 4) la guerra in Medio Oriente.
In questo scenario le istituzioni dovrebbero trovare un momento di coesione identitaria. Invece dalla mediocrità e dalla conflittualità delle rappresentanze politiche emerge un irresponsabile e divisivo “analfabetismo costituzionale” che pervade le fasce più vulnerabili dell’opinione pubblica determinando un’inquietante sindrome di
precarizzazione irreversibile.
Il mondo del lavoro rischia di soffocare nelle sabbie mobili del cannibalismo sociale e fra i tentacoli voraci delle holding malavitose denunciate nel corso della mobilitazione del 21 marzo promossa dall’Associazione “Libera” ormai assurta al ruolo vessillifero e trainante di un emergente movimento di opinione, di denuncia e di pressing. Nelle grandi aree del disagio profondo si percepisce emotivamente l’Italia rantolante, il depauperamento devastante dei ceti meno abbienti, la disaffezione crescente verso le istituzioni, le lacerazioni del tessuto civile fra disuguaglianza conflittuale e protervia dell’illegalità.
La crescita allarmante della violenza adolescenziale mette in crisi il ruolo dei caregivers nella prima infanzia, successivamente il modello genitoriale permissivista, il sistema scuola ormai anacronistico, le istituzioni inadeguate a prevenire i comportamenti antisociali. Alla gran parte dei giovani manca la cultura civica della “res publica”, quel “senso dello Stato” che la scuola e la famiglia non riescono a trasmettere.
Occorre rilanciare la visione lungimirante dei “padri costituenti” aprendo una finestra valoriale per le nuove generazioni. Pertanto l’ACSI propone di inserire l’insegnamento della Costituzione nelle scuole e nelle università affinchè diventi una bussola per orientare i futuri cittadini sul percorso dell’alfabetizzazione
istituzionale.
Le basi della “pedagogia psicosociale” si devono ispirare ai valori-cardine della convivenza civile: la democrazia, i diritti inviolabili dei cittadini, l’uguaglianza, la laicità delle istituzioni, il diritto al lavoro, il pluralismo delle idee e delle espressioni, la solidarietà verso le figure più vulnerabili, la parità di genere, l’inclusione delle diversità, il rispetto per le minoranze etniche e confessionali.
I valori della Costituzione sono l’antidoto per contrastare e prevenire le devianze giovanili. La Carta costituzionale è un assioma dei diritti e dei doveri. E’ un codice comportamentale per la convivenza civile. Per i giovani rappresenta un imprinting educativo e formativo che li integra nell’articolazione democratica di una comunità fondata su valori inalienabili.
Apriamo il dialogo (ispirato dai principi etici della Costituzione) fra le nuove generazioni e le istituzioni – sostiene l’ACSI – nella prospettiva di una condivisione consapevole, di una fattiva responsabilità civica e sociale, di un’integrazione democratica autonomamente vissuta e partecipata dal basso bypassando le interpretazioni “ideologiche e strumentali” della partitocrazia.